Elezioni americane: la lunga sfida tra Trump e Biden

Di Giulia Longo

Dopo mesi di una lunga e controversa campagna elettorale, che ha visto competere il presidente in carica Donald Trump, e il candidato democratico Joe Biden, il 3 novembre scorso siamo giunti allo scontro finale per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America: l’attesissimo Election Day.

Eppure, più che di un giorno molti esperti parlano di un’intera settimana elettorale, che sta tenendo sulle spine il mondo intero. Come mai i risultati tardano ad arrivare? Bernie Sanders, senatore del Vermont, ha anticipato in un discorso per la CNN, lo scenario che più realisticamente stiamo vivendo ora.  “I sondaggi ci mostrano che, per qualche ragione, la maggior parte dei voti inviati per posta appartengono ai Democratici, mentre i Repubblicani probabilmente tenderanno a votare di persona. Il rischio è che se i voti di persona verranno contati prima di quelli postali, per la sera dell’Election Day Donald Trump sarà in vantaggio in molti stati chiave, e, affamato di vittoria, la dichiarerà prima che lo spoglio termini. Quando invece verranno conteggiati anche i voti per posta, nei quali è probabile che Biden riprenda terreno, Trump griderà all’imbroglio sostenendo che ci sia stata una truffa”.

La previsione di Sanders e di molti altri commentatori si è avverata, e a giorni di distanza dalla chiusura dei seggi non si aveva ancora il nome definitivo del quarantasettesimo Presidente americano. Nella mattinata del 4 novembre, ora italiana, mancavano all’appello ancora diversi stati chiave, in cui le operazioni di spoglio erano lontane dall’essere concluse.

Durante la giornata, stati come il Michigan o il Wisconsin, con in palio un totale preziosissimo di grandi elettori, sono oscillati finendo per essere definitivamente vinti da Joe Biden. Dal punto di vista di Donald Trump il suo svantaggio è inconcepibile e fraudolento: lui e il suo staff hanno subito chiesto il riconteggio per il Michigan e hanno minacciato azioni legali per gli altri stati come per esempio l’Arizona dove, anche se per poche decine di migliaia di voti, non è riuscito a vincere. Il presidente, molto attivo sui social, ha chiesto ripetutamente su Twitter che si smetta di contare tutti i voti ricevuti dopo la chiusura dei seggi, mentre Joe Biden e la sua candidata Vice-presidente Kamala Harris si stanno battendo affinché ogni singolo voto venga contato. A riguardo, ogni stato ha politiche diverse: la Florida, già dalle precedenti elezioni esperta nella gestione dei voti per posta, è riuscita a completare lo spoglio la sera stessa dopo la chiusura dei seggi, mentre la Carolina del Nord ha annunciato di ritenere validi tutti i voti in arrivo entro sabato 7 Novembre. In Pennsylvania, invece, stato per lungo tempo in bilico, ci sono stati forti ritardi su cui si sono aperte diverse polemiche: si tratta di problemi tecnici o di una volontà di temporeggiare? I voti per posta sono un emblema di quest’elezione, svolta nel bel mezzo di una pandemia globale. Fin dall’inizio della campagna elettorale gli Americani sono stati incentivati a votare in anticipo tramite corrispondenza, sia per limitare assembramenti nelle postazioni di voto, sia perché così i candidati avrebbero potuto assicurarsi un numero concreto di voti sicuri. Aldilà del vincitore però, queste elezioni hanno registrato un dato importantissimo: un’affluenza ai massimi storici, segnale indubbio di grande voglia di partecipazione democratica.

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