Odio gli indifferenti!

di Elena Benedetti, II E

Gramsci, nel suo famoso scritto “Odio gli indifferenti” del 1917, considera l’indifferenza un “peso
morto della storia” perché crede che essa rappresenti un ostacolo significativo al progresso sociale e
politico. L’indifferenza è vista come un atteggiamento inerte e passivo che impedisce alle persone di
partecipare attivamente alla vita della comunità e di influenzare gli eventi storici. È descritta come un
comportamento abulico, parassitario e vigliacco, che si manifesta nell’assenteismo politico e nella
mancanza di partecipazione civica.

Questo atteggiamento rende la massa delle persone apatica e disinteressata, consentendo a poche mani
di tessere la tela della vita collettiva senza alcun contratto. Gramsci sostiene che l’indifferenza sia
responsabile dell’ascesa al potere di individui o gruppi che non agiscono nell’interesse generale, ma solo
nel proprio interesse egoistico. Questo fenomeno porta alla promulgazione di leggi dannose che “solo
attraverso la rivolta e l’ammutinamento” potranno essere abrogate.

Inoltre Gramsci afferma che l’indifferenza alimenta una sorta di fatalismo storico, in cui gli eventi sono
percepiti come il risultato inevitabile di una forza superiore, anziché il risultato dell’azione umana.
Questo fatalismo rende le persone vittime impotenti degli eventi storici, piuttosto che cittadini attivi
capaci di plasmare il loro destino attraverso la volontà e l’azione collettiva.

Quando Gramsci parla di “poche mani che tessono la tela della vita collettiva”, si riferisce al potere
concentrato nelle mani di una minoranza di individui o gruppi che influenzano e determinano il corso
degli eventi sociali, politici ed economici. Questi individui agiscono senza essere sorvegliati e controllati
dalla massa della popolazione, e ciò avviene a causa dell’indifferenza diffusa tra le persone comuni. Il
riferimento alla “tela della vita collettiva” suggerisce che queste poche mani hanno un impatto
significativo sul funzionamento della società. La metafora della tela implica che queste poche mani
stiano lavorando segretamente e in modo coordinato per plasmare la vita sociale e politica secondo i
loro interessi, non considerando la volontà e il benessere della maggioranza. Inoltre Gramsci evidenzia
che la massa ignora o non si preoccupa di ciò che avviene al di sotto della tela consentendo a queste
poche mani di agire indisturbate. Questo fenomeno contribuisce a perpetuare la disuguaglianza sociale e
l’ingiustizia, poche le decisioni prese da questa minoranza di individui possono essere dannose per la
maggior parte della popolazione, ma vengono attivate senza alcun controllo democratico o
partecipazione popolare.

Nel testo di Gramsci sono presenti diversi elementi che riflettono l’influenza del pensiero marxista:
Gramsci critica apertamente la società capitalista, denunciando l’indifferenza come un comportamento
che perpetua le ingiustizie e le disuguaglianze della società. Inoltre analizza le strutture di potere,
sottolineando il ruolo di una minoranza nel determinare il corso degli eventi storici. Gramsci enfatizza
l’importanza di essere “partigiani” e di partecipare attivamente alla vita politica e sociale, evidenziando
la centralità della lotta dei lavoratori nel pensiero marxista. Infine fa riferimento alla costruzione di una
“città futura” in cui la catena sociale non opprime la maggioranza, ma è l’opera dell’intelligenza dei
cittadini, richiamando la necessità di trasformare l’ideologia dominante in una lotta sociale.
Condivido pienamente il pensiero di Gramsci, l’insofferenza e l’odio che prova per gli “Indifferenti”:
penso sia un testo molto bello ed attuale e certamente in quest’epoca è totalmente inapplicato. I
contesti storici sono molto diversi: Gramsci scrive nel 1917, in piena prima guerra Mondiale ed è
influenzato da un evento che segnerà la vita dell’Europa, cioè la rivoluzione comunista nell’Unione
Sovietica, in cui viene abbattuto il potere assoluto degli zar e prendono il potere Lenin e i comunisti. È
dunque un momento di grandi speranze in cui il comunismo si prefigge di dare potere alle classi operaie
e finalmente si spera di avere un mondo migliore, una vita senza ingiustizie, né povertà. Il periodo
storico è ricco di cambiamenti: alla fine dell’impero zarista si aggiunge la fine dell’impero asburgico e
dopo pochissimi anni inizierà il periodo fascista in Italia.

Dal punto di vista teorico non posso che essere d’accordo con Gramsci e, di fronte alle tante scelte che
la vita pone tra il bene e il male, l’essere tiepidi, indifferenti e ignavi, come diceva Dante, è esecrabile.
Bisogna essere a favore del bene e farlo attivamente. Come diceva San Giovanni Paolo II, bisogna
sconfiggere il male con il bene ed è questo per me il modo per essere “partigiani”, per non essere
indifferenti.

Gramsci aveva ragione, ma bisogna capire come si declina l’impegno, l’essere attivi e partecipativi,
l’essere a favore della giustizia sociale e di un mondo migliore. Ci deve essere un’opposizione attiva non
violenta. Si pensi solo al numero di persone che vanno a votare, passato dall’80% a meno del 50%. C’è
stato un piccolo rigurgito con la battaglia per l’ambiente con Greta Thumberg, ma anche quella spinta
sembra essere venuta meno.

Non esistono più centri di formazione politica intesa in senso ampio, dove, a prescindere dallo
schieramento, si costruiva una coscienza politica: c’erano le sezioni del partito comunista, le parrocchie
e gli oratori, i raggruppamenti politici del centro e di destra, nelle più diverse declinazioni. Luoghi in cui
anche i giovani potevano formarsi e confrontarsi, crescendo come cittadini consapevoli. Renzi racconta
di essersi formato negli scout, la Meloni nei gruppi politici di destra. Anche i miei genitori si sono spesi
nell’impegno della lotta antimafia, che è stata l’ultima vera lotta sociale in Italia, a cui hanno partecipato
tanti giovani.

Non ci sono punti di riferimento politici per la mia generazione, che vive immersa in un’ideologia
consumistica ed edonistica, e che purtroppo si forma culturalmente e politicamente con tiktok.

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