COMPETITIVITÀ vs COLLABORAZIONE

di Alejandro Aramini e Damiano Nascia IG

L’11 febbraio di quest’anno nei bagni della IULM di Milano è stato ritrovato il corpo senza vita di una studentessa diciannovenne. Nella borsa della ragazza c’era un bigliettino in cui ha spiegato le motivazioni del suo gesto: il “fallimento negli studi”.  

L’accaduto dimostra la grave situazione delle università dal punto di vista dell’ansia da prestazione e della competitività. Recentemente presso l’università Statale di Milano è stato eseguito uno studio, nel quale si chiedeva agli studenti se si ritenessero soddisfatti della loro vita, e se avessero qualche disturbo legato allo studio, i dati emersi sono preoccupanti: quasi il 32% del campione si dichiara insoddisfatto o estremamente insoddisfatto, il 23% leggermente insoddisfatto, il 5% né soddisfatto né insoddisfatto, il 22% leggermente soddisfatto, e circa il 19% soddisfatto o estremamente soddisfatto. Il 12% dei partecipanti ha segnalato sintomi di depressione. Il 48% degli studenti interpellati prova ansia da prestazione, a livelli tali da compromettere anche il loro andamento accademico. In particolare il 23% del campione di avvale di consulenze o interventi di sostegno e il 24% ha intrapreso un percorso di psicoterapia.

Nei licei, nel contesto in cui noi viviamo in prima persona, la situazione non cambia. Ogni giorno e in ogni classe si sperimentano situazioni di ansia legata ad un’interrogazione o ad una verifica, per la paura di come questa possa andare e nel timore delle conseguenze che una valutazione negativa porta con sé. Tutto ciò che viviamo in prima persona è confermato da un piccolo campione di studenti che abbiamo interpellato all’interno della nostra scuola. Abbiamo chiesto quanta ansia causasse loro la scuola, e la risposta non può che fare paura.

Su 140 persone 86 affermano di avere molta/troppa ansia legata alla scuola. Una persona ci ha detto di aver intrapreso un percorso con la psicologa. Un’altra ci ha fatto sapere che la scuola le ha causato attacchi di panico, legati ad un’ansia costante.

Noi due siamo ragazzi che per fortuna vivono bene la scuola e tutto ciò che le sta intorno, ma intorno a noi vediamo che non è così per tutti: ragazze e ragazzi costantemente impauriti da professori percepiti come esseri mostruosi. Questo conduce a situazioni ai limiti dell’immaginabile: ragazzi chiusi in bagno per paura di una verifica, pianti isterici per un voto negativo o per i rimproveri dei docenti, fino ad arrivare ad assenze prolungate, dovute ad una visione della scuola come un ambiente ostile e faticoso.

A tal proposito vorremmo portare un ultimo esempio, riguardante un nostro amico che per una questione di privacy chiameremo Luca (nome inventato). Luca è un ragazzo di 16 anni che vive una vita tranquilla, ha dei buonissimi amici e fa sport. Ormai frequenta il liceo classico da 3 anni, ma sempre provando paura nei confronti di chi dovrebbe farlo appassionare alle materie della scuola che ha scelto, cioè i suoi professori. La paura nasce dalle continue richieste di valutazioni da parte dei docenti, accompagnate da atteggiamenti che Luca percepisce come ostili nei suoi confronti e che lo portano a vedere la scuola come un posto opprimente. Così Luca smette di andare a scuola per tre settimane di fila, entrando in uno stato di ozio e di chiusura totale, senza uscire più di casa per questo buio periodo. Per fortuna Luca è uscito da questa situazione grazie alle attenzioni dei suoi amici, ma qualcun altro o qualcun’altra potrebbero non farcela.

Un’ultima importante campanella d’allarme è uno studio fornito dall’ Ospedale Bambino Gesù di Roma, il quale illustra un aumento di tentati suicidi del 75% fra il 2020 e il 2021, di cui l’80% messi in atto da ragazzi con un’età media di 15 anni.

A questo punto il problema è chiaro: c’è troppa ansia fra gli studenti e le studentesse, troppo malessere che li induce addirittura a gesti estremi.

In che modo si può intervenire costruttivamente in questa situazione?

Una prima proposta generale importante è l’introduzione dello psicologo di base, e dunque gratuito. per tutte le famiglie, perché tutti possano avere la certezza di una persona fidata cui affidarsi per disturbi quali ansia e depressione.

In merito ai percorsi universitari si potrebbero presentare corsi con lo stesso numero di esami, ma di durata diversa: uno studente potrebbe così decidere se scegliere un corso quadriennale o triennale, senza dover avere paura di andare fuori corso, facendo una corsa contro il tempo.

Inoltre sarebbe auspicabile una maggiore disponibilità da parte dei professori nei confronti delle studentesse e degli studenti, poiché spesso i professori sono molto distanti e poco comprensivi nei loro confronti.

Per quanto riguarda i licei si potrebbe favorire il lavoro di gruppo, metodo già sperimentato da molti docenti e che in molti casi si rivela fruttuoso e favorevole per un clima di lavoro più sereno. Dovrebbe poi essere ridotto il numero delle valutazioni richieste da parte della scuola ai docenti. In questo modo si potrebbe uscire dalla necessità di effettuare continue verifiche.

Un ultimo elemento è la coesione studentesca non solo all’interno della classe ma all’interno di tutta la struttura scolastica. La scuola viene troppo spesso percepita come un luogo ostile. Una maggiore coesione permetterebbe la visione della scuola come un luogo sociale e felice. Possiamo dire che questo avviene nel nostro liceo Giulio Cesare e ci ha aiutati a creare una routine settimanale dove la scuola non è un peso, ma un luogo amico nel quale poter stare con le persone a cui vuoi bene. Purtroppo ci rendiamo conto che poche scuole presentano un legame così forte tra studenti, ed è un gran problema.

Noi speriamo che la scuola possa cambiare nel tempo, poiché questa è la base per costruire una società giusta e sana, non sopraffatta dal principio della competizione tra pari, bensì basata sulla collaborazione, sulla condivisione e sulla sinergia. Il primo passo però deve essere fatto dai noi, a partire dai piccoli ambienti come posso essere le singole scuole, fino ad arrivare alle istituzioni.

Non dobbiamo avere paura di dire la nostra, di lottare e dobbiamo essere più uniti che mai, solo così possiamo cambiare le cose. Apriamo gli occhi e rimbocchiamoci le maniche.

NOI SIAMO GIOVANI, NOI SIAMO IL FUTURO, NOI SIAMO IL MONDO.

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