Vegani e vegetariani. Quanto sono positivi per noi e l’ambiente?

Levare la carne dalla nostra dieta fa davvero bene come si dice? Ha davvero effetti positivi su di noi e sull’ambiente?

In molti hanno creduto che essere vegani o vegetariani abbia un impatto ambientale minore rispetto a chi continua a mangiare carne. Ma è proprio tutto vero?

Greta Thunberg, la giovane attivista svedese  che tutti conosciamo, ha sensibilizzato il mondo intero, spingendoci ad avere comportamenti finalizzati ad un sempre minor suo delle risorse, che portino a uno spreco minore e abbiano, pertanto, un effetto più positivo possibile per l’ambiente. Insieme all’aumento del numero di compagnie specializzate in prodotti riciclati – vestiti, zaini, bottiglie e molto altro – sono anche aumentati coloro che hanno detto addio alla carne, tra vegetariani e vegani, con il proposito di favorire con i loro comportamenti un minore impatto sull’ambiente.

Per produrre 1kg di carne di manzo sono necessari 16mila litri di acqua, tra acqua piovana, di scarico e quella prelevata da falde. Le risorse ambientali vengono consumate sempre più in fretta di anno in anno; per riportare dei dati è sufficiente ricordare che nel 2019, già il 15 maggio, l’Italia aveva consumato le risorse che avrebbe dovuto usare per l’anno intero. L’Overshoot day arriva sempre prima di anno in anno.

La sostenibilità ambientale favorita dalle diete vegetariane e vegane, sembra però essere discutibile.
Molto spesso, infatti, i cibi consumati dai vegetariani/vegani vengono da Paesi lontani – avocado, semi di chia e batate (ossia le patate americane, dall’insolito colore rosso) sono solo alcuni degli esempi più conosciuti – e comportano inquinamento aereo già solo per raggiungere i Paesi nei quali dovranno poi essere consumati. E poiché le calorie e l’importo proteico assunti mangiando carne sono maggiori rispetto a quelle assunte con verdura, frutta e legumi, chi sceglie per diete veg deve poi compensare il deficit di micronutrienti con integratori o prodotti elaborati (come tofu, tempeh, o seitan) che richiedono più acqua ed energia di quella che si sperava di usare.
La sostenibilità delle diete sopracitate è ancora discussa da Massimo Iannetta, responsabile divisione Biotecnologie e Agroindustria Enea. L’esperto ha evidenziato che, se non si volesse più usare lana e altri derivati animali per i capi di vestiario, si dovrebbero usare più prodotti di origine petrolifera; ha aggiunto che, l’eventuale adesione maggiore a questi regimi alimentari, indurrebbe ad un uso massiccio di fertilizzanti chimici, che diventerebbero indispensabili per produrre le quantità di cibo sufficiente per la percentuale di popolazione che volesse fare uso di questi alimenti. Infine, ha evidenziato il possibile rischio di supersfruttamento del terreno, fatto già avvenuto in Messico, per esempio, per portare gli avocado sulla tavola di molti.

Dunque quale dieta è più opportuno seguire, per avere un impatto minore sull’ambiente, senza compromettere la nostra salute?

La scienza ci suggerisce la dieta mediterranea, riconosciuta come dieta bilanciata e sana per il basso consumo di carne e la preferenza per cereali, legumi, frutta e verdura.  

Sicuramente avere uno stile di vita sostenibile seguendo semplici indicazioni quali spegnere le luci, chiudere il rubinetto dell’acqua mentre ci si lava i denti, limitare l’uso delle autovetture preferendo l’andare a piedi, porta a risultati migliori di quelli auspicati mangiando un hamburger di soia.

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1 Commento

  1. Un articolo molto sensato nel quale emerge il concetto basilare che nell’utilizzare i beni di consumo occorre essere misurati in tutto. Nell’equilibrio che se ne genera c’è la risposta per la sopravvivenza del genere umano.
    Per conoscere gli equilibri che permettono al mondo di sopravvivere occorre la cultura senza la quale mancano le basi della conoscenza dei fattori che permettono al mondo di esistere ed agli esseri umani di viverlo al meglio.

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