Olimpiadi di filosofia: “L’idea di progresso come giustificazione per la violenza”

di Giacomo Cavarischia, III I

INTRODUZIONE E DICHIARAZIONE DI SCOPO

“L’idea di Marx […](è) che ogni società ccontiene i semi delle successive […]; e poichè si crede che il progresso si verifichi attraverso lo scontro di forze antagoniste, è possibile considerare il regresso come una temporanea ma necessaria battuta d’arresto”. L’idea di storia come progresso, ovvero andare da un punto A a un punto B in una data consequenzialità logica e verso una determinata situazione, nell’estratto vale come giustificazione  per l’affermazione implicita per la quale il regresso in ogni sua accezione non esiste. Se esso infatti è necessario in un percorso verso un progresso finale, non può certo essere definito tale, in quanto la parola stessa trasmette un’idea negativa, e sarebbe meglio chiamarlo “andare verso la meta a un passo leggermente meno spedito”. Come accennato in precedenza, questo discorso vale per ciascuno dei significati che è possibile assegnare alla parola, incluso quello di “momento storico in cui accadono cose brutte”. La conseguenza logica di una tale premessa è dunque che avvenimenti come pestilenze, guerre o perfino genocidi sono inevitabili e necessari. Molti filosofi hanno fondato le loro teorie sulla nozione di progresso, dando per scordato un percorso “a salire” (cioè che il punto di arrivo sarà migliore del punto di partenza). Questo approccio potrebbe essere difettoso nel caso in cui dovesse essere ignorata la possibilità di assumere una prospettiva più relativista.

Tale difetto consiste in una fallacia nel metodo d’indagine non esclusiva al mondo della filosofia, anzi comune in molto campi: data una teoria, nel mondo intellettuale e scientifico spesso non la si mette in discussione, o si va alla ricerca esclusivamente di prove che la confermano. Il secondo errore è più facile da notare, e rende facile smontare una teoria. In un elaborato, si concretizza nell’assenza o nella trattazione superficiale e sommaria di ogni controargomento. La prima, il non mettre in discussione l’idea sulla quale sono fondate le proprie teorie presentandola come un postulato, è più arduo da riconoscere e criticare, per ragioni che consideriamo evidenti. 

La tesi di questo elaborato è che la storia non è un processo. Metteremo in discussione le premesse di ciò che afferma l’inizio del primo paragrafo. L’argomentazione si svolgerà intorno a due principali concetti: il primo è che l’idea stessa di progresso non è univoca, e la seconda è che, nonostante sia possibile rintracciare a posteriori elementi di un dato periodo nel precedente, ciò non implica in alcun modo che il primo progredisca (o regredisca temporalmente) dal secondo verso un sicuro futuro migliore. Dunque, per toccare il discorso della violenza, non esiste alcuna giustificazione ne consolazione per quelli che possiamo tranquillamente definire “i periodi brutti della storia”.

COS’E’ IL PROGRESSO?

Per cominciare, sarebbe utile fornire una definizione di progresso. In un mondi connesso come il nostro, compiere questa operazione con un risultato soddisfacente potrebbe essere alquanto complicato. Vi sono infatti numerose prospettive in base alle quali definire un periodo storico, dunque è complicato mettersi d’accordo: per deciderete vi è stato progresso o meno, laddove qualcuno considera solamente l’indiscutibile avanzamento tecnologico, altri si concentrano sulle dinamiche sociali, con tutta la loro complessità, altri fanno riferimento al benessere psicologico dell’individuo. In una situazione così stratificata, non è possibile affidarsi a un solo parametro trascurando gli altri. Di conseguenza la cosa corretta da fare, in quanto unica parzialmente oggettiva, sarebbe affermare che il progresso si verifica quando nel complesso fa un periodo al successivo migliorano tutti i fattori. Comportarsi altrimenti dopo le riflessioni appena fatte sarebbe intellettualmente disonesto. Per completezza, oltre che per rendere l’idea della complessità dell’argomento, si farà una lista, inevitabilmente incompleta, di alcuni di questi parametri. Ai già citati progresso tecnologico, sociale e individuale, possiamo aggiungere il progresso artistico e quello morale. 

Necessario inoltre notare come, trattandosi di argomenti complessi, anche in relazione a ciascuna di queste categorie, è difficile, se non impossibile, trovare una definizione unanime di progresso. Per esempio, nella categoria del sociale vi sono almeno due diverse idee, che scaturiscono da diverse concezioni di società ideale (avvicinandosi alla quale si ha un progresso), e dunque abbiamo disaccordi su argomenti come i diritti civili.

LA STORIA VA VERSO IL PROGRESSO?

L’idea di storia che questo elaborato sostiene è quella di un succedersi di periodi nel quale il successivo è determinato dell’interazione del precedente con almeno due fattori, quello umano è quello naturale. Mentre il primo è conosciuto, dunque prevedibile e controllabile, il secondo lo è solo parzialmente e il terzo non lo è per niente. Questa affermazione è supportata da numerosissimi eventi storici.

Questa dimostrata imprevedibilità degli eventi di per sé invalida l’idea di storia come progresso, in particolare se si considera il modo in cui la dimensione minima influisce su quella globale. Vi è infatti una risposta a chi dice che, nonostante non si possa sapere cosa accadrà nel breve periodo si può ipotizzare un trend che nel complesso tende al progresso. Immaginando l’andamento della storia come un grafico e partendo da un momento qualsiasi nel tempo come possiamo, non potendo prevedere se il passaggio al successivo si avvicinerà al “progresso”, immaginare un andamento complessivo, pur avendo un passato a nostra disposizione? Come si fa allora a prevedere cosa accadrà nei prossimi 500 anni se non sappiano cosa ci riservano i prossimi cinquanta?

CONCLUSIONE

Alla luce del discorso fatto finora, che riteniamo essere corretto nelle sue premesse e nel suo svolgimento, possiamo ora affrontare la questione della violenza. Le premesse, riassumendo, sono che non è possibile definire oggettivamente il progresso, e che anche se lo fosse non avremmo la facoltà di individuare un trend che vada verso o via da esso. Cosa rimane dunque? 

Al termine di un’indagine scientifica, ciò che emerge è la complessità estrema di un mondo che non può essere semplificato, e la consapevolezza che il farlo risulta indice di una pericolosa cecità, come dimostrato dal fatto che il brano citato all’inizio implicitamente accetta e giustifica la violenza. È logicamente sbagliato, dunque, proiettarsi in un futuro ideale e considerare azioni ed eventi negativi uno spiacevole mezzo per un inevitabile fine, ma piuttosto bisogna vivere nel nostro tempo e fare ogni volta ciò che è giusto, come individui e come società. Questa conclusione potrà sembrare semplicistica, ma spesso ciò che sembra ovvio è proprio per questa ragione superficialmente ignorato.

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