“Cose lontane”

di Marco Occhiuto, II C

Raccolta di due poesie

I.

«Ite meae quondam felix pecus, ite capellae»

«…Va’, gregge mio, un tempo beato! andate, caprette!»

(Virgilio) 

Si muove tra storte sillabe

di luce – danzante –

un’altalena. Tanti ricordi,

al ritmo – cigolante –,

quante cadono, sui bordi

di occhioni maturati, le lacrime.

Soffusamente viene,

crepuscolarmente va,

nel volare di palle e d’aquiloni,

nell’accartocciarsi delle foglie,

un fascio sottile d’emozioni –

Soppesare – sulle tetre soglie

di una sera calante …–

la vita svanente – nell’aroma

silvano dei muschi –;

vederla dissolvere stampata

su nervature di fiori

spiegazzati.

II.

«Stupido cuore, non battere!»

              (Sergej Esenin)

Stupida mente, non pensare!

Ondeggia tra vita e morte

il luccicare spezzato d’un fanale.

Stupida mente, non pensare!

Gocciola goccia di rugiada

molle cadendo d’un dorso

accartocciato d’un ramo

ammutolito. Lontano svaporano

nembi condensati, malati

di luce melensa e soffocata:

altrove spuntano rade e impenetrabili

le notti:

gocciola il ricordo fino al cuore.

Stupida mente, non pensare!
Sottili malinconie scorrono

più dolci nei profumi d’un inverno

che man mano si dirada,  

più contenti se qualche minuto

divora – tracotante –

attimi fuggitivi di fulgore.

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