Quando non sei abbastanza… Chiara

di Beatrice Orsini, I F

Le vacanze di Natale 2023 sono state lo sfondo di un grande scandalo che ha coinvolto una delle personalità più note del mondo attuale: l’influencer Chiara Ferragni che, con il cosiddetto pandoro-gate, ha completamente sconvolto l’opinione pubblica.

La bufera mediatica riguardante la Ferragni si è generata a partire dalla sanzione, per pratiche commerciali scorrette, comminata dall’Antitrust -Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato- all’influencer ed all’azienda dolciaria Balocco, in relazione alla campagna promozionale svoltasi nel 2022 per il lancio di una nuova iniziativa: “Chiara Ferragni e Balocco insieme per l’ospedale Regina Margherita di Torino”.

A Natale 2022 i social sono stati inondati dalle pubblicità di un nuovo prodotto firmato Chiara Ferragni: un pandoro dal packaging rosa e scintillante, realizzato in collaborazione con Balocco. Nello spot l’influencer, aperta la confezione, decorava il dolce con zucchero a velo rigorosamente rosa, utilizzando uno stencil in dotazione raffigurante il logo del suo brand, il caratteristico occhio. Il dolce era corredato da un cartiglio sul quale si leggeva: “Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’Ospedale Regina Margherita di Torino, finanziando l’acquisto di in nuovo macchinario che permetterà di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing”.

L’Antitrust ha giudicato ingannevole le modalità con cui le società Fenice e TBS Crew, che gestiscono i marchi e i diritti di Ferragni, nonché la Balocco hanno pubblicizzato il Pandoro Pink Christmas, lasciando intendere ai consumatori, contrariamente al vero, che con l’acquisto del pandoro avrebbero contribuito alla causa benefica.

Dall’istruttoria, invece, è emerso che la donazione al Regina Margherita era già stata effettuata dalla sola Balocco per una somma di 50 mila euro a maggio 2022, molto prima del lancio dell’iniziativa, avvenuto a novembre 2022; che, come risulta da un cospicuo scambio di e-mail, sia le società della Ferragni che la Balocco erano ben consapevoli di ciò; che sia i post e le stories Instagram della Ferragni che il comunicato di lancio dell’iniziativa lasciavano intendere un legame diretto tra l’acquisto del pandoro e la partecipazione all’azione benefica, il che sembrava anche giustificare la differenza di prezzo enorme tra un normale pandoro e quello griffato; che dal cartiglio di accompagnamento si evinceva una partecipazione diretta della Ferragni alla donazione all’Ospedale mentre, invece, le sue società avrebbero incassato oltre 1 milione di euro dall’iniziativa senza, però, contribuire alla causa solidale promossa.

Per tali motivi, l’Antitrust ha multato l’influencer per la cifra di 1 milione di euro e per 420 mila euro la società dolciaria produttrice.

Parallelamente, a seguito dell’esposto del Codacons in cui si ipotizza il reato di truffa aggravata ai danni dei consumatori, diverse procure hanno aperto fascicoli di inchiesta nei confronti dei soggetti coinvolti nello scandalo.

Appena dopo la diffusione della notizia,  l’influencer si è affrettata a rilasciare sulla propria pagina Instagram, una dichiarazione in cui apostrofava l’accaduto come un errore di comunicazione, dichiarandosi pronta a devolvere all’Ospedale Regina Margherita la cifra di un milione di euro, cioè l’equivalente del cachet da lei stessa percepito dalla società dolciaria Balocco, per apporre la sua “griffe” al famigerato Pandoro.

Il video è stato tuttavia fortemente criticato e non ha sortito l’effetto sperato, poiché  interpretato come una mossa strategica volta a suscitare empatia e dispiacere attraverso l’uso di un abbigliamento grigio e neutro, uno sfondo in tono, trucco e capigliatura sfatta e trasandata. Il tutto accompagnato da singhiozzi giudicati diretti a restituire un’immagine semplice e umana della Ferragni.

Al di là delle opinioni personali sul personaggio Chiara Ferragni e, soprattutto, dell’accertamento delle eventuali responsabilità che verrà stabilito nelle sedi opportune, i fatti di cui parliamo ci danno l’occasione per riflettere su alcuni temi che riguardano tutti ma, in particolar modo, noi giovani.

L’avvento dei social ha profondamente modificato le nostre relazioni ed i nostri comportamenti, creando realtà virtuali e fantomatici personaggi dall’aspetto esteticamente ineccepibile e dalla vita patinata, in grado di condizionare le nostre scelte e le nostre opinioni.

Tutto ciò accentra, inevitabilmente, un enorme potere nelle mani di chi manovra questi strumenti mediatici, i cosiddetti influencer, che attraverso i loro accattivanti post e le loro stories esercitano la propria capacità persuasiva con scopi di esclusivo profitto personale.

Il primo dato che si può trarre dall’osservazione del fenomeno, è l’enorme solitudine che migliaia di persone si trovano a vivere, talmente profonda da rifugiarsi nell’esistenza virtuale di personaggi sconosciuti nell’illusione di colmare i propri vuoti.

Ma la cosa più sconcertante è, a mio parere, ingannare milioni di ignare persone simulando un atteggiamento solidale a meri fini commerciali, mercificando, di fatto, quella che è la forma più pura e disinteressata di generosità, la beneficenza. In questo modo, non solo la reputazione e l’immagine pubblica vengono salvaguardate e migliorate, ma il singolo consumatore seguendo il consiglio di una figura digitale di cui si fida ciecamente e che reputa sua amica, crederà di migliorare la società e devolvere parte dei propri soldi per una causa sociale, andando in realtà solo ad incrementare un meccanismo di commercio che tutto è tranne che trasparente. Un meccanismo di finzione e false promesse, che favorisce pochi e incanta molti, e che tutti noi, in misura maggiore o in misura minore, incrementiamo.

La colpa del mancato discernimento tra finzione mediatica e realtà dei fatti non è, però, da attribuire esclusivamente a chi propone tale modello irrealistico, ma anche a chi, seguendo ciecamente il sogno impossibile di una vita idilliaca, si dimentica che non è tutto oro ciò che luccica, e che chi ci apre una finestra sulla propria vita, attraverso lo schermo di uno smartphone, non fa altro che socchiudere un misero spiraglio facendo circolare le informazioni che desidera.

Il mondo dei social è intriso di una parziale verità che sembra accontentare tutti, che permette di adagiarsi nella convinzione che la società vada esattamente nel modo in cui la vedi; un mondo in cui tutto è relativo, in cui “un errore di comunicazione” riesce a cancellare un’azione, a rigirarla e ribaltarla e svuotarla del suo significato per riempirla di altre bugie impacchettate in una bella confezione.

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