October 15, 2024

L’unica band che conti: perché dovresti ascoltare The Clash

di Sofia Liverani, V F

Noto anche con l’appellativo di The only band that matters (“l’unica band che conti”), il gruppo musicale londinese The Clash fu uno dei complessi più acclamati nel suo genere sia dalla critica che dal pubblico tra gli anni Settanta e Ottanta. I quattro membri, Joe Strummer, voce e chitarra ritmica, Mick Jones, chitarra solista, Paul Simonon, basso, e Nick “Topper” Headon, batteria e percussioni, si distinsero dal resto dei musicisti contemporanei che debuttarono nella prima ondata di punk britannico proprio per la presa di posizione politica che caratterizzò quasi la totalità dei testi dei loro brani. Pete Townshend li definì poeti: «In quanto artisti che lavoravano nel campo della musica […] erano completamente liberi di esprimere e riflettere il loro disagio nei confronti del mondo che li circondava. Esprimevano rammarico anche per il fatto che le band che li avevano preceduti – come gli Who – non erano state abbastanza militanti»

Si può facilmente notare come sono quasi assenti canzoni che vertono completamente su temi romantici o spirituali, più frequenti invece in altre band del loro settore. I loro brani infatti sono maggiormente di protesta contro le scelte politiche del loro e di altri grandi Paesi, rivendicano diritti civili, in particolare in Know your rights, ma ancor di più inneggiano alla protesta, come in White riot, I fought the law, The guns of Brixton o London calling, brano che diede anche nome all’omonimo celebre album.

In particolare, White Riot tratta delle differenze tra le classi economiche ma ancor di più razziali, e di tutte le controversie derivate da esse. Alcuni interpretano infatti il brano come un tentativo di scatenare una guerra razziale e interrazziale, anche se Strummer la suonava rivolgendosi ai giovani bianchi affinchè trovassero un casus belli per far partire la rivolta, dato che i neri inglesi l’avevano già trovata senza troppe difficoltà. I londinesi giamaicani, per esempio, insorsero contro i cosiddetti “Bobby”, soprannome con cui vengono chiamati i poliziotti del MPS (Metropolitan Police Service) nel Regno Unito. La rivolta si fece sentire dopo gli incidenti razziali che presero luogo durante il Carnevale di Notting Hill del 1976; White Riot venne infatti scritta da Strummer e Simonon dopo che i due presero parte a questi scontri.

Inoltre, il brano originariamente intitolato I’m so bored with you doveva vertere su una storia sentimentale di Jones, ma divenne invece I’m so bored with the USA quando Strummer cambiò la fatidica parola durante le prove in studio; venne di conseguenza modificato anche il testo, il quale venne rivoluzionato, divenendo un attacco diretto al tentativo di “americanizzazione culturale” dell’Inghilterra fortemente percepito in quell’epoca. La band si presentava quindi come un gruppo di giovani proletari inglesi, invocava una presa di coscienza da parte del loro ceto e il riscatto delle nuove generazioni, denunciando le sofferenze nelle quali erano costretti a vivere. I loro messaggi erano espliciti e diretti, e si può dire fossero quasi positivi nella loro rabbia, contrapponendosi al nichilismo senza via d’uscita gridato invece dai Sex Pistols, band con cui avevano uno stretto legame.

I The Clash, nonostante fossero apertamente schierati, scrissero anche un numero, seppur moderato, di canzoni non impegnate, come Train in vain, Lover’s rock o l’iconica Should I stay or should I go, pezzo chiave del disco Combat rock. Questo fu l’ultimo album registrato con la formazione storica del gruppo, prima dell’allontanamento di Jones e della cacciata di Headon causata dalla sua dipendenza dall’eroina, che segnò l’inizio della fine per il complesso.

Il gruppo era inoltre famoso per la varietà della sua musica, proponeva dal rockabilly al reggae, dal rock al rap, non smettendo mai di reinventarsi con musica sperimentale, ma riuscendo sempre a mantenere un marchio di fabbrica estremamente riconoscibile anche da un orecchio poco esperto: le linee di basso originali e marcate, le percussioni che esaltano il ritmo con decisione, lo sperimentalismo dei brani, le controvoci talvolta anche in lingua spagnola, se non la stessa voce roca e graffiante di Strummer, fanno sì che il sound dei The Clash sia semplicemente unico e inconfondibile.

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II F, caporedattrice, prima paginista, articolista.
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