Museo Ninfeo, il paradiso degli imperatori

Di Valeria Martini

È un fatto universalmente noto che la nostra città ponga le sue fondamenta sull’antica Roma,
sia a livello culturale che urbanistico. La scoperta di siti archeologici durante il rinnovamento
di zone metropolitane è cosa comune. Ciò è proprio quello che è avvenuto durante i lavori
sotto il palazzo della sede dell’ ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici
e degli Odontoiatri ) portati a termine dalla Sovrintendenza, che hanno scoperto gli Horti
Lamiani -inizialmente di proprietà del console Lucio Elia Lamia, passarono sotto il controllo
degli imperatori tra l’età di Augusto e Tiberio. Il sito a partire dal XVI secolo fu teatro di
importanti scoperte archeologiche, come il Discobolo Lancellotti-. Gli scavi conseguentemente
hanno permesso la costituzione del Museo Ninfeo (che prende il nome dall’unico edificio
scavato, luogo che aveva una funzione simile al Foro della città, dove l’imperatore poteva
ricevere i dignitari, le ambascerie e i suoi ospiti illustri). Il sito soprannominato non a caso il
paradiso degli imperatori, in epoca romana era una residenza privata, suntuosa, contornata
da giardini lussureggianti con fauna esotica (attestati da resti di orsi, leoni e cervi rossi che
quasi sicuramente venivano consumati durante i banchetti, che venivano tenuti con assidua
frequenza). Questa residenza venne utilizzata per circa 4000 anni. Il complesso era decorato
con motivi pittorici volti ad ostentare il potere imperiale; inoltre, sono state ritrovate più di
40000 frammenti marmorei provenienti da tutto il bacino mediterraneo, che ornavano le
pareti con decorazioni naturalistiche (l’uso del marmo come strumento ornamentale era
estremamente diffuso a Roma, tant’è che Plinio il vecchio sostiene che nell’Urbe si dipingesse
con la pietra). Sono stati ritrovati inoltre altri elementi che adornavano le pareti quali
maschere teatrali, diventate estremamente popolari come componenti decorative. Oltre a
resti che erano adoperati per scopi ornamentali, sono state rinvenute testimonianze dei
commerci che avvenivano all’interno del mare nostrum. Anfore di epoca flavia (69-96 d.C.),
provenienti la maggior parte della Lusitania e dalla Tarragona (attuali Spagna e Portogallo),
sono esposte all’interno del museo. Altresì, sono in mostra oggetti tra i più svariati: vetri
colorati ad incisioni (probabilmente souvenir di viaggi), una fibula del IV secolo d.C.
rappresentante la guardia dell’imperatore, monete e oggetti per la cura della persona
(pinzette e strigiles nello specifico). Questo e molto altro è racchiuso in un museo,
estremamente moderno, dotato di audio-guide bluetooth, di schermi interattivi, pannelli
didascalici e visite guidate. Aperto al pubblico dal 6 novembre 2021, è sicuramente un museo
da vedere, ricco di storia e magistralmente organizzato. Una struttura che è riuscita a
conciliare le esigenze dell’ente con la tutela del patrimonio archeologico nazionale.

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