L’attualità de “I pensieri di Marco Aurelio”

Di Alice Giardinieri e Luca Gentilucci

I pensieri di Marco Aurelio è una raccolta di riflessioni che l’imperatore romano realizzò dopo anni a capo dell’impero romano(161-180 d.C.). Si tratta della chiara rappresentazione su carta della corrente filosofica dello stoicismo, movimento che propugnava un ideale di saggezza attraverso la tranquillità dell’animo, la moderazione delle passioni e il rispetto del proprio dovere. Più che ad un lettore si ha l’impressione che Marco Aurelio stia comunicando ad un ascoltatore: ogni pensiero è come se venisse sussurrato dalle pagine del libro, richiedendo attenzione e un po’ di tempo per essere compreso fino in fondo. Ricorre spesso il concetto di “serbare”, tenere da parte, continuare a nutrire un sentimento. Il continuo richiamo a questo concetto si può interpretare come un’accettazione del fatto che nel nostro bacino, chiamato vita, ci debba essere anche il dolore, la sofferenza.  Perciò Marco Aurelio consiglia di essere giusti e corretti il più possibile, cosicché all’arrivo del male saremo con l’animo più pulito e tranquillo possibile. Nel I libro l’imperatore filosofo ringrazia i suoi familiari e i suoi maestri per ciò che ha appreso da loro. Nel libro successivo tratta della natura del bene e del male, del tempo e di come questo scorra velocemente, di quanto sia importante compiere ogni cosa con fermezza, diligenza, serietà e giustizia, di quanto sia importante vivere tutto fino in fondo, perché la stessa vita può svanire da un momento all’altro. Nel III libro spiega che la memoria e l’intelletto svaniscono prima della stessa vita e che quindi bisogna impegnarsi al massimo ora. Invita a non sprecare il proprio tempo pensando agli affari altrui, ma di utilizzarlo per vivere al meglio; a non agire mai contro la propria volontà ma a seguire sempre la ragione con impegno, energia, intelligenza e gentilezza. Pagina dopo pagina, esorta a non compiere azioni a caso o con malvagità, a non vivere come se si avessero ancora 1000 anni da vivere ma come se fosse l’ultimo giorno, concentrandosi sui propri obiettivi senza essere invidiosi dei successi altrui, a portare a termine i propri compiti, a non rinfacciare i favori che si fanno, a non infastidirsi o demoralizzarsi per i fallimenti, a non infuriarsi se qualcuno ci fa un torto. Nel VI libro ci spiega che ogni cosa nasce per essere portata a compimento trasformandosi e compiendosi entro i limiti voluti dalla natura universale, che questo scorrere e mutarsi continuamente delle cose senza fine rinnova di continuo il mondo. Un pensiero molto bello di questo libro, il 19,  dice che ogni cosa è raggiungibile, perché anche se è difficile, essendo appropriata all’uomo, deve essere accessibile anche per te. Nel VII libro tratta anche il tema della felicità: Marco Aurelio esorta ad amare solo ciò che ci accade a scrivere la trama della nostra vita. È evidente in ogni libro che l’imperatore dia per scontato che esiste una parte “maligna” nelle nostre vite e ci dice anche come gestirla nel pensiero 27 del IX libro, ad esempio, in cui afferma: «Quando uno ti biasima o ti odia, o la gente sparla di te, avvicinati alla loro anima, cerca di penetrarvi e vedi che genere di uomini sono». E nel 42 : «Ogni volta che vieni offeso da un impudente, chiediti subito “ È possibile che al mondo gli impudenti non esistano?” No. Quindi non chiedere l’impossibile…Fa’ la stessa considerazione anche a proposito del furfante, del traditore e di qualsiasi altra specie di malfattori, poiché rammentandoti subito che è impossibile che non esista una simile razza di gente, sarai più cortese verso ognuno di loro». Inoltre è ridondante il tema della morte. Nell’opera emerge l’angoscia e il pessimismo ed il senso di inadeguatezza dell’imperatore romano. Ma proprio nei suoi pensieri è la chiave per capire Marco Aurelio. Nonostante promuova lo stoicismo e la ricerca della calma assoluta, quello che la vita gli riservò fu tutt’altro che la tranquillità. Non credo sia un caso che la sensazione provata quando si chiude il libro non sia di serenità ma accade come se quacosa sia rimasto inciso nelle nostre menti. Eppure i messaggi ciò che l’imperatore romano tenta di dare sono piuttosto positivi. Siamo arrivati alla conclusione quindi che questo libro sia come un’enorme e semplice operazione matematica, un meno per meno, il cui risultato è svelato solamente nell’istante in cui si sente il fruscio dell’ultima pagina voltata: più!.

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