F1: “Nunc demum redit animus”, la Ferrari torna a respirare

Archiviato ormai il 2021, possiamo serenamente definirlo come uno dei migliori anni per l’Italia. Dopo 53 anni la Nazionale italiana di calcio è tornata infatti campione d’Europa, la delegazione olimpica azzurra ha fatto incetta di medaglie, vincendo anche in discipline più favorevoli ad altre nazioni, come i 100 metri piani e la staffetta 4×100. Dal punto di vista dello spettacolo i Måneskin hanno trionfato nell’Eurovision Song Contest, dopo più di 30 anni dalla vittoria di Toto Cutugno. L’Italia, inoltre, è stata, secondo l’Economist, la nazione che è migliorata maggiormente nel corso dell’anno grazie a un Mario Draghi che ha definito “un premier competente e rispettato a livello internazionale”. E intanto la Ferrari, fiore all’occhiello della tecnica e dell’innovazione italiana, stava lì a guardare, cercando faticosamente di uscire dall’incubo del 2020. Dopo aver lottato – purtroppo senza successo – per due anni consecutivi per il titolo mondiale con Sebastian Vettel nel 2017 e nel 2018, la Ferrari era sempre comunque in prima linea ad ingaggiare a duello Lewis Hamilton e la Mercedes. Team e tifosi speravano che nel 2019, con l’arrivo di Mattia Binotto, il Cavallino avrebbe potuto ambire al titolo, grazie al neopromosso Charles Leclerc; ma proprio quell’anno è iniziato il declino della Scuderia. La SF-90 si era rivelata una vettura formidabile sui rettilinei, ma lenta nei circuiti ad alto carico aerodinamico. Le accuse di Verstappen, che affermava che la Ferrari barasse col motore, le indagini della FIA, il “rapporto segreto” contribuirono a fare del 2020 uno degli anni più duri di sempre per la Rossa. La SF-1000 aveva come previsto il carico aerodinamico della vettura precedente, ma sui rettilinei, a causa del nuovo motore riprogettato per conformarsi ai regolamenti della Federazione, si lasciava superare da tutte le altre; per non parlare dei problemi in ingresso e uscita dalle curve e del surriscaldamento degli pneumatici. Sesta in classifica costruttori, un Sebastian Vettel ormai non più veloce come nel decennio precedente, strategie insensate, pit-stop lenti e una squadra da rifondare. Tuttavia non è accaduto ciò a cui nel mondo del calcio si è soliti assistere, ovvero esonero dell’allenatore e rivoluzione della squadra. Infatti John Elkann, presidente del Cavallino, ha dato piena fiducia a Mattia Binotto e alla sua squadra. Una campagna acquisti silenziosa di ingegneri e la strategia di accentrare su di sé tutte le critiche e responsabilità hanno permesso al direttore sportivo della Ferrari di prendere il disastro SF-1000, svilupparlo e trasformarlo nella SF-21, una monoposto che a fine anno ha permesso a Leclerc e al neo-assunto spagnolo Sainz di salire sul terzo gradino del podio dei costruttori. E mentre Hamilton e Verstappen si sfidavano in ogni appuntamento del campionato, concentrando la maggior parte delle risorse sulla stagione in corso, la Rossa lavorava completamente concentrata sul 2022, allo scopo di farsi trovare nella migliore condizione per tornare a lottare per il mondiale. È ancora presto per designare la F1-75 la macchina favorita del campionato, ma i primi risultati hanno spinto la squadra a prendere coscienza delle sue capacità, metterle in pratica e far sognare di nuovo la domenica il popolo rosso in tutto il mondo. Come si è visto, il cambio regolamentare è stato pienamente sfruttato e la coppia di piloti, fino ad ora, si è sempre fatta trovare in corsa per la vittoria. Sono stati disputati solo quattro gran premi, ma si è già capito che il monegasco della Scuderia e il campione Verstappen si sfideranno alla pari in ogni curva di questa stagione. Inoltre i piloti potranno fare affidamento al muretto dei box su degli ingegneri capaci di analizzare i dati raccolti nelle prove per far rendere al meglio la macchina e su una pit crew affidabile e veloce nei cambi-gomme.

La lotta al titolo è aperta e solo a fine anno scopriremo chi tra il toro e il cavallino riuscirà ad avere la meglio.

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