di Ludovica Corradini, III A
A ottanta anni dalla scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma ha offerto un’occasione imperdibile per immergersi in uno dei movimenti artistici più rivoluzionari del XX secolo: il futurismo.
La trasformazione profonda della sensibilità umana, provocata dalle innovazioni scientifiche del tempo, viene raccontata attraverso l’interpretazione dei futuristi, mediante una raccolta di oltre 350 opere tra dipinti, sculture, oggetti d’epoca e progetti.
Si racconta proprio di quella Velocità, Progresso, Violenza e Dinamismo, miti del tempo, inseriti nel quadro di una società in rapida evoluzione.
La domanda allora è: perché dalla mostra non sembrano trasparire gli aspetti più controversi del movimento, e soprattutto i suoi legami con il fascismo?
Dagli articoli riportati nel New York Times si evince l’opinione dei giornalisti, secondo cui l’esposizione sarebbe stata utilizzata dal Governo per offrire un’immagine addolcita del Futurismo, mettendo in secondo piano i suoi rapporti con il fascismo. Così, l’attenzione si è spostata da un’analisi artistica e politica a oggetti tecnologici e pezzi di design, creando una narrazione che, secondo molti, avvantaggia una cultura vicina alla destra e al partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Nonostante la presenza di numerosi capolavori artistici e letterari, l’opinione comune è quella di trovarsi davanti ad un’occasione sprecata: invece di proporre una lettura complessa e critica del Futurismo, si è preferito decontestualizzarlo, cancellandone i legami storici e politici, e riducendolo a una semplice celebrazione della modernità e della tecnologia, che quasi appare rassicurante.
Voi, cosa ne pensate?