Dietro il violento imperialismo di Putin un’Europa debole e piena di incoerenze

di Daniele Giannoni

L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è l’ennesima dimostrazione che i regimi autoritari e nazionalisti come quello russo sono totalmente incompatibili con la pace. Quando il potere è nelle mani di una singola persona o di una cerchia ristretta di oligarchi, il bene della collettività viene sottomesso dall’interesse di chi governa che, come nel caso di Putin, è capace di scatenare una guerra pur di legittimare il proprio potere e dimostrare la propria forza. La guerra tra Russia e Ucraina non dovrebbe essere dunque una sorpresa, considerando che è stata scatenata da un paese che da più di 20 anni è guidato da un unico uomo che governa in modo autoritario, attuando una forte censura e repressione delle opposizioni. Gli ultimi eventi sono soltanto l’apice della deriva antidemocratica e imperialista portata avanti da Putin negli ultimi anni. Il presidente russo non è un uomo che da un giorno all’altro ha perso la testa e ha invaso un altro Paese, ma è un dittatore che da anni compie terribili atrocità che spesso non sono state condannate; è doveroso ricordare infatti che fino a qualche settimana fa Putin aveva goduto dell’appoggio di una buona parte dei politici italiani ed europei, che oggi cercano di mettere nel dimenticatoio le loro precedenti dichiarazioni.

Sulle azioni di Putin c’è poco da discutere: bisogna soltanto condannarle ed esprimere solidarietà alle popolazioni russa e ucraina che ne subiscono le conseguenze. C’è da discutere e riflettere invece sul ruolo dell’Europa in questo conflitto che ha portato alla luce la sua enorme debolezza. Durante l’iniziale crisi l’Unione si è fatta cogliere impreparata e incapace di attuare una propria politica estera fondata sulla diplomazia e sulla mediazione: mentre alle sue porte stava per scoppiare un terribile conflitto, l’Europa è rimasta ferma a guardare le due superpotenze, Russia e USA, che si facevano la guerra a distanza per la supremazia mondiale. L’UE ha bisogno di una maggiore unità interna, ma anche di una maggiore autonomia dalle potenze esterne, per ritagliarsi quel ruolo di importanza nella politica internazionale che ad oggi non possiede.

Allo stesso tempo, l’Europa sta dimostrando una grande solidarietà nei confronti del popolo ucraino e una larga accoglienza delle centinaia di migliaia di persone che fuggono dalla guerra. Sarebbero già più di 500mila i profughi giunti in Polonia, dove, con l’aiuto delle ONG, ricevono assistenza medica, pasti caldi e un luogo dove dormire. Un’accoglienza solidale ed efficiente, che lascia comunque un po’ interdetti se si pensa a ciò che è successo soltanto qualche mese fa, lo scorso novembre, quando qualche migliaia di migranti in fuga dal Medio Oriente (poco tempo prima i talebani avevano ripreso possesso dell’Afghanistan) avevano cercato di oltrepassare il confine bielorusso per trovare rifugio in Europa; in quel caso l’esercito polacco era intervenuto non per accogliere i profughi, ma per ricacciarli indietro, lasciando morire di fame e di freddo decine di uomini, donne e bambini. Oggi invece i 500mila ucraini vengono fortunatamente accolti, ma il motivo non è un improvviso senso di umanità fiorito all’interno del governo polacco; la differenza di trattamento dei diversi migranti deriva invece da una divisione tra profughi “veri” (gli ucraini) e profughi “finti” (i mediorientali e gli africani), portata avanti dalla propaganda di molti politici europei, anche italiani, con motivazioni profondamente razziste e di convenienza politica. Nell’Occidente il razzismo è ancora forte e ce lo dimostrano anche gli episodi registrati durante la fuga dalla guerra: sui treni che partono dall’Ucraina per la Polonia viene data la precedenza ai bianchi, mentre chi ha un colore della pelle diverso viene lasciato indietro.

Ma l’incoerenza che l’Europa sta dimostrando negli ultimi tempi non si limita alla questione dell’accoglienza dei migranti. Davanti alle sanzioni economiche contro la Russia di Putin, sorge spontaneo un dubbio: come mai queste sanzioni non vengono estese a tutti i paesi che violano i diritti dell’uomo e portano avanti guerre ingiuste? Forse perché questa è una guerra che viene combattuta direttamente ai confini dell’Europa o forse perché, come per quanto riguarda i migranti, esistono delle guerre di serie A e delle guerre di serie B. Sta di fatto che, mentre la Russia viene giustamente sanzionata, l’Europa (compresa l’Italia) continua a vendere armi a paesi come la Turchia (che da tempo porta avanti una guerra di repressione contro la popolazione curda, che per anni ha combattuto l’Isis in Siria) o come l’Egitto (regime autoritario responsabile dell’omicidio di Giulio Regeni e dell’incarcerazione ingiustificata di Patrick Zaki), e a finanziare la guardia costiera libica (che impedisce lo sbarco di migranti in Italia, rinchiudendoli in veri e propri lager in condizioni disumane).

Le centinaia di migliaia di persone scese in piazza per la pace in Italia, in Europa ma anche in Russia, rappresentano una volontà popolare che non deve essere calpestata. Oggi più che mai è necessario tenere a mente le parole dell’articolo 11 della nostra Costituzione, oggi più che mai è necessario chiedere alle Istituzioni il disarmo e la pace e unirsi tutti insieme contro la guerra, per non ripetere gli errori del passato, perché un nuovo conflitto mondiale sarebbe devastante e a farne le spese sarebbero come al solito i più deboli.

La terribile guerra in Ucraina dovrebbe metterci in guardia su ciò che è capace di fare un paese che agisce in nome del nazionalismo e della “difesa della patria”. Allo stesso tempo dovrebbe farci ragionare sulla necessità di un’Europa diversa, un’Europa unita, autonoma e forte, che un domani sia in grado di impedire lo scoppio di un conflitto simile, un’Europa che non invia armi e soldati, ma difende la pace attraverso la diplomazia, un’Europa che non discrimina e che si dimostra accogliente e solidale con tutti: un’Europa migliore.

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