Beppe Fenoglio, lo scrittore partigiano

Di Marika Ruffini

Giuseppe Fenoglio, detto Beppe, nasce ad Alba il 1° marzo 1922 da una famiglia di macellai benestanti e frequenta il liceo classico. La cultura delle classi sociali del tempo tuttavia escludeva che una persona di estrazione bassa potesse frequentare una scuola di tale prestigio, tanto è vero che Beppe non trascorre gli anni delle superiori nel migliore dei modi: viene quasi emarginato e così inizia ad interessarsi alla letteratura inglese, all’interno della quale trova anche un modo per elevarsi dalla mediocrità circostante dominata dalla vuota retorica fascista. Nel 1940 si iscrive con scarso interesse all’università di Torino, ma fu costretto ad interrompere gli studi per via della chiamata alle armi nel 1943. Dopo aver vissuto l’8 settembre a Roma, torna nelle sue amate Langhe, dove vive di nascosto fino al momento in cui si arruola: dapprima tra i partigiani garibaldini e successivamente con quelli badogliani, partecipando molto attivamente alle azioni della Resistenza. Fenoglio lavora per tutta la sua vita presso una ditta vinicola, tuttavia la sentita vocazione per la scrittura e il disagio del ritorno alla civiltà, che avverte nel dopoguerra, lo portano a stendere la sua prima opera intitolata La paga del sabato, ispirata tra l’altro ad un racconto di Hemingway. L’editore Einaudi inizialmente non accetta il libro, dunque Fenoglio lo smembra formando quello che sarebbe stato il suo romanzo d’esordio, I ventitré giorni della città di Alba, contenente racconti sia partigiani sia contadini, insomma il connubio di quelli che erano i suoi più vivi interessi. L’artista è caratterizzato da una notevole originalità linguistica e ne è un esempio il fatto che, criticato per il libro La malora poiché scritto con un registro definito troppo «rozzo e dialettale», sceglie di pubblicare –sfoggio delle proprie conoscenze – la traduzione di un testo inglese. Questo costituirà un tassello fondamentale per la nascita di una nuova invenzione linguistica tutta sua; nella seconda metà degli anni ’50 scrive infatti un altro romanzo partigiano in lingua inglese che non traduce integralmente. Nelle varie stesure compaiono quindi parole italiane anglicizzate e viceversa, che contribuiranno a costruire pian piano una lingua che Calvino denomina “il Fenglese”. Il grande genio di Fenoglio continua a pubblicare fino alla fine della sua breve vita – muore infatti a soli 41 anni a causa di un cancro ai polmoni: era un fumatore accanito, tanto che ancora oggi è usanza per coloro che si recano alla tomba lasciargli una sigaretta – e dal suo intero corpus letterario emerge l’equilibrio della ragione frapposto alla passione etica che porta ad assumere una posizione. «Papà mi ha insegnato da che parte stare», sostiene a tal proposito la figlia Margherita. E Beppe è sicuramente un modello per tutti noi e la dimostrazione di come sia difficile ma doveroso fare ciò. Leggere la Resistenza significa avere la consapevolezza che bisogna saper compiere una scelta.
In occasione del centenario dalla nascita di Beppe Fenoglio, è stato istituito il cosiddetto “anno fenogliano”, vale a dire una serie di eventi di vario tipo che dal 1° marzo 2022 al 1° marzo 2023 scandiranno il suddetto anno. Esso sarà suddiviso in quattro capitoli: ogni singolo trimestre sarà identificato con il titolo di uno degli scritti dell’autore albese. Le attività sono consultabili sul sito, dal quale è anche possibile prenotarsi.

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